AMT Tea Break di dicembre 2019 – Le sirene della direttività

Non esser direttivi non è facile. Da mediatori – anche se convinti di non dover derogare al riguardo – subiamo il fascino di tante sirene. Con interventi di Carol Bloom di Graton, CA (US) membro del board ISCT e Dan Simon di St. Paul MN (US), anch’egli nel board ISCT oltre che fellow dello stesso.

 

 

L’approccio trasformativo “è buono solo per…”

Uno dei falsi miti che circolano nel mondo della mediazione o comunque fra chi si occupa di conflitto è che l’approccio trasformativo sia una cosa interessante, ma… vada bene solo per taluni tipi di conflitti (magari quelli in cui le parti manifestano particolare animosità, o che riguardano rapporti di lunga data, o la necessità di mantenere relazioni in futuro e che richiedano una sorta riconciliazione). Altre questioni (in particolare quelle relative a soldi) richiederebbe ben altri – magari più muscolari o smaliziati – atteggiamenti.

Impostazione sbagliata. Che tradisce la non conoscenza della filosofia alla base del metodo e dei modi in cui questo viene implementato. L’approccio trasformativo richiede al mediatore soprattutto un atteggiamento mentale: quello di supportare l’autodeterminazione delle parti mentre queste affrontano una situazione conflittuale. Chiaramente questo si applica a tutte le ipotesi, indipendente dalle questioni trattate ed al contesto.

Un recente contributo di Dan Simon al blog dell’ISCT affronta il tema e lo fa mettendo in evidenza come:

a) prima di tutto, è molto difficile, se non impossibile, sapere veramente quale sia l’oggetto di un conflitto PRIMA di iniziare la mediazione. L’esperienza mostra come l’interazione conflitto possa svolgersi e toccare aspetti neppure ipotizzati, prima di cominciare a parlarsi. È illusorio quindi pensare di categorizzare tipi di lite e pensare che un approccio di mediazione vada per per alcuni e meno bene per altri.

b) non rientra fra gli obiettivi del mediatore trasformativo ‘riconciliare’ le parti. Naturalmente ciò può essere un risultato del suo intervento (spesso lo è), ma non è un obiettivo perché tradirebbe il principio di rispettare l’autodeterminazione.

c) discutere di soldi o rapporti commerciali comunque mette in gioco decisioni umane. In realtà l’approccio trasformativo, lungi dall’essere inadeguato alla business mediation, è molto più utile alle parti che altri approcci, proprio perché agevola il negoziato e l’intervento del mediatore si mantiene sempre rispettoso dell’autodeterminazione degli attori in gioco.

Per Dan Simon, insomma, i tipi di controversie che possono essere gestite bene da un mediatore trasformativo, sono.. “tutte quelle che stanno a cuore alle parti coinvolte”.

 

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