Il mediatore “esperto”

Il Tea Break di gennaio 20221 ha toccato il problema, ricorrente, del grado di conoscenza della ‘materia del contendere’ richiesto al mediatore.

Come noto, secondo molti è opportuno che una certa qual conoscenza vi sia. Altrimenti – si sostiene – il mediatore non è in grado di seguire la discussione e, soprattutto, di offrire agli interessati un contributo minimamente utile in termini di suggerimenti e/o soluzioni. Tale esigenza è sentita soprattutto dai mediatori che interpretano il loro ruolo in tal senso (offrire suggerimenti e/o aiutare le parti a trovare soluzioni), ma anche da coloro che ritengono che così il ruolo del mediatore venga in qualche modo ‘protetto’ e reso più credibile (che figura ci faccio se mostro di non capire quel di cui si discute?).

Una particolare declinazione di questa expertise minimale è riscontrabile nell’idea diffusa che il mediatore debba comunque ‘saperne qualcosa’ di diritto (inspecie operando nel contesto del decreto 28/2010, che richiede la dimestichezza da parte del mediatore con qualche passaggio ‘legale’ – la produzione di un verbale, la verifica deipoteri delle parti, …).

Nella pratica trasformativa, invero, tali esigenze non vi sono; anzi, il dare consigli o suggerire soluzioni è considerate pericolosa espressione di atteggiamento direttivo, che mina l’autodeterminazione delle parti. Deve/può essere quindi il mediatore, almeno in quest’ottica, ‘ignorante’?

Chi vuole farsi un’idea del dibattito che ne è scaturito, dia un’occhiata agli highlights vada qui.

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Agency in mediazione

Con il Tea Break di novembre 2021, condotto da Alessandra Papa, siamo tornati sull’argomento.

‘Tornati’ perchè è un tema cui teniamo molto e che è già stato oggetto di discussione. La due giorni di Firenze lo scorso maggio, ricordata in apertura, è stata dedicata proprio a questo. Carlo Mosca ha tenuto un seminario  giusto un anno fa, e comunque ne parliamo si può dire quotidianamente, commentando casi pratici e sessioni di mediazione fatte o osservate.

Perché tanto rilievo? Ma perché l’agency è la capacità di prendere decisioni e noi – da mediatori trasformativi – interpretiamo il nostro ruolo sostanzialmente nel fatto di sostenere detta capacità.

Le dinamiche conflittuali, come noto, possono incidere non poco al riguardo e – altro caposaldo – noi possiamo essere prezioso aiuto nel processo di empowerment.

La chiacchierata di novembre è stata stimolante ed ha toccato sia pur con il poco tempo a disposizione molti dei temi più rilevanti  a proposito di agency in mediazione:

– il ruolo dei legali

– l’impatto del contesto e della finalizzazione della mediazione al deflazionamento delle cause in tribunale

– i preconcetti culturali che guidano i partecipanti ad una sessione dimediazione (mediatore ovviamente incluso)

– il rapporto fra ‘discorso’ e ‘Discorso’

 

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La “tecnica” del riassunto

Uno degli interventi usati dai mediatori è quello del riassunto (summary in inglese). Esso consiste nel restituire alle parti quanto emerso in una precedente ‘porzione’ di conversazione.
Nella pratica trasformativa, il riassunto assume un valenza particolarmente importante perché è un modo, molto efficace, di aiutare gli interlocutori a farsi chiarezza, valutare come muoversi e (spesso) comprendere meglio la posizione degli altri. Per saperne di più, scarica le note (tratte dal manuale ISCT per il corso base in mediazione trasformativa): Note sul RIASSUNTO.

Di riassunto abbiamo parlato in occasione dei Tea Breaks di-

Autodeterminazione in mediazione – il valore dell’agency

In un recente evento formativo, partecipato da alcuni soci AMT e tenuto da Carlo Mosca, si è parlato di come sia importante (e difficile) per un mediatore mantenere la priorità del principio di autodeterminazione delle parti.
Si è parlato in particolare di “agency”, vale a dire la caratteristica propria degli esseri umani (e non solo, ma limitiamoci a questi) di aver coscienza di sé e muoversi in autonomia.
Nella prospettiva trasformativa, tale qualità è considerata fondamentale, il presupposto necessario affinché un soggetto coinvolto in un conflitto possa trovare in sé le risorse per gestirlo nel modo più produttivo. Come noto, un mediatore trasformativo ha come obiettivo quello di supportare il processo di empowerment di ciascuna della parti coinvolte in una mediazione. Tale supporto, insieme

a quello dato al processo di recognition, è funzionale alla creazione di presupposti per la creazione di un confronto utile (e quindi la trasformazione qualitativa dell’interazione conflittuale – da distruttiva, quale di regola si presenta, a costruttiva).Farlo non è semplice…

Per chi non c’era (e anche per chi c’era e vuole rivedersi la parte iniziale), ecco la registrazione dei primi 30′ di corso.

https://youtu.be/2ENzQGSdJmc

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